Luigi Salomone, lo chef runner che decostruisce la tradizione stabiese



I primi passi significativi li muove nelle cucine di Taverna Estia con Francesco Sposito, dove si trattiene due anni per poi giungere al ”Mosaico” dell’hotel Terme Manzi con Nino Di Costanzo. Prosegue la formazione al Marennà di Sorbo Serpico come sous chef di Paolo Barrale, dove affina ulteriormente tecniche e trucchi del mestiere. Tanto basta al giovane Luigi Salomone, classe 1988, per temprarsi e affrontare disinvolto il governo dei fuochi di Piazzetta Milù a Castellammare di Stabia. Un ristorante che nel tempo si è evoluto dapprima abbandonando la pizza, e in seguito circoscrivendo la braceria.
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Al timone il capofamiglia Michele Izzo, grande esperto di carni e grigliate, a cui si deve il boom di clienti del primo periodo. Lo affiancano la moglie Lucia e i tre figli, ognuno con un ruolo diverso. Emanuele gestisce la cantina con competenza ed estro, lui che non a caso è pure il più giovane delegato dell’Associazione Italiana Sommelier.
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Valerio cura la sala insieme alla madre, con immancabile sorriso e forte predisposizione all’accoglienza più sincera. Maicol fa esperienza in cucina dopo un lungo apprendistato alla Torre del Saracino di Gennaro Esposito, e progetta nuovi stage in tutta Europa.
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Presupposti così solidi permettono a Salomone di dedicarsi in totale serenità allo sviluppo di piatti che già sembrano far intravedere la sua cifra personale, connotata di contrasti marcati ed evidenti influenze orientali.
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La degustazione parte su toni alti col tonno, primo sale e melanzane, dove il sapore del pesce appena scottato si rafforza con la sapidità della soia. La morbida polpa di solanacea bilancia il tutto.
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Intrigante la rivisitazione della famosa pasta alla Nerano, con la zucchina a fare da sfoglia e i vari formaggi a ingolosire il palato. Il totano scottato guarnisce offrendo una variazione sulle consistenze, mentre i fiori di zucca disidratati rendono l’estetica ancor più appagante.
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E’ il momento del baccalà fritto, di carattere prorompente, con le olive a prolungarne il gusto e l’acqua di pomodoro a sgrassarne la vivacità con l’ausilio dei peperoncini verdi. L’idea nasce da una ricetta di Saviano, città natale dello Chef, dove il merluzzo salato viene servito con le “papaccelle”, dei peperoni dolci che vengono fritti o messi sott’aceto.
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Il primo tuono a interrompere la sequenza di piatti comodi arriva dagli spaghetti cacio e pepe con polvere di mare, sgombro marinato e kumquat. Qui la grassezza del formaggio lotta con forza contro l’acidità dell’agrume. Nonostante i pezzetti di pesce acuiscano i contrasti, il risultato finale è sorprendentemente bilanciato.
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Gli gnocchi alla sorrentina riportano il gusto su binari più sicuri, ma spiccano per brio, col pomodoro all’interno dell’impasto, la Mozzarella di Bufala sottostante e il Parmigiano soffiato all’uscita. Apoteosi del pomodoro, insomma, dal momento che se ne utilizza anche acqua e buccia.
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Seguono i tagliolini di broccoli, tartare di podolica e sugo di salsiccia; uno stupefacente mix di caldo/freddo, crudo/cotto; dall’estetica dibattuta, ma dal risultato più che promosso.
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La genovese è un altro classico partenopeo ritoccato con garbo e cognizione di causa, con la pasta reidratata in acqua fredda, riempita di carne e parmigiano, condita con cipolla ramata e spuma di Parmigiano Reggiano.
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Intermezzo confortevole il branzino al sale, di gusto morbido appena strattonato dalla pungente giardiniera con gel d’aceto. Degna di nota la crosta in cui viene cotto il pesce, messa insieme con alghe e agrumi.
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Il rombo viene cotto in maniera tradizionale sulla sua pelle, ma viene poi impreziosito da una sapida maionese alle acciughe, e raffinato ulteriormente con thé alla verbena e un’insalata di portulaca.
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Il pollo alla diavola impallidisce di fronte a un’indiavolata faraona, con la coscia in oliocottura e il petto a bassa temperatura entrambi infuocati da una piccantissima polvere di peperoncino e pomodoro.
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Il primo dessert è un trittico di pan di spagna, crema e gelato al limone, granita d’anguria. Un dolce non troppo zuccherino, ma di grande freschezza per pulire il palato. L’idea nasce dalla tradizione stabiese di servire negli chalet l’anguria col succo di limone, spuntino preferito dallo chef al termine delle sue lunghe sessioni di corsa, sua principale passione.
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 Il ghiotto Tira-milù è formato da pan di spagna, gelato al caffè, namelaka e spuma al mascarpone. Il radicchio a parte non è solo di guarnizione, ma sottolinea e amplifica i sentori amari del piatto. Non poteva mancare l’omaggio a Birra moretti, il piatto con cui lo Chef ha vinto il concorso del noto marchio di birra. Una composizione di cioccolato, albicocche del Vesuvio al macis, birra e gelato alla lavanda.
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Il risultato complessivo è un misto di attenzioni rassicuranti e flash ambiziosi, che oltre a far emergere coraggio e ottime capacità tecniche, lascia più che ben sperare per il futuro. Luigi Salomone e la famiglia Izzo, un binomio da cui attendersi una crescita rapida e verticale.


Ristorante Piazzetta Milù
Corso Alcide De Gasperi 23 – 80053 Castellamare di Stabia (NA)
Tel. + 39 081.8715779



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